Il periodo greco

 

La storia dell’atomo inizia secoli e secoli fa e vede come protagonisti due grandi popoli del passato: i Greci e gli Indiani. Voglio parlarvi dei primi, non perché più importanti dei secondi, sia chiaro, ma perché molti dei concetti che dirò saranno familiari ai più e quindi sarà più semplice seguire la linea temporale degli eventi.

Catapultiamoci allora nell’antica Grecia, intorno al 630 a.C., precisamente a Mileto.

Talete,riconosciuto da alcuni come il padre della filosofia, riteneva che l’acqua fosse il principale elemento che costituiva il mondo. Anassimandro, invece, ipotizzò l’esistenza di un elemento illimitato ed eterno, che chiamò apeiron, rappresentante l’archè, cioè l’origine e il principio costituente dell’universo. Anassimene individuò nell’aria il principio di tutte le cose, Senofane pensò che tutto provenisse dalla terra e dall’acqua mentre si ritiene che per Eraclito l’archè fosse il fuoco.

Empedocle nel 440 A.C. avanzò l’ipotesi che gli elementi primari fossero in tutto quattro: l’acqua, l’aria, il fuoco e la terra. Quest’idea fu accettata da tutti i futuri pensatori finchè Aristotele introdusse un quinto elemento chiamato etere, una sostanza incorruttibile e priva di peso.

Conclusioni simili, su cui non mi soffermerò, vennero raggiunte anche dalla civiltà indiana, quasi a denotare una sorta di universalità della mente umana nel processo di investigazione della natura.

Continuando a parlare dei greci, il primo a cui è accreditata la formulazione di un’ipotesi atomica è Leucippo di Mileto. Di tale personaggio conosciamo molto poco, tanto che Epicuro dubitò persino della sua esistenza. Indipendentemente da tali elucubrazioni storiche, comunque, la teoria atomica fu ulteriormente sviluppata da Democrito (460 a.C – 370 d.C). Secondo Democrito le cose esistenti erano costituite dagli atomi e dal vuoto. Gli atomi erano considerati indivisibili, indistruttibili e increabili, di numero infinito, di diversa tipologia a seconda della forma e della dimensione e in perenne movimento (cosa che ricorda un pò la teoria cinetica dei gas). Durante il moto era possibile che due atomi interagissero tra di loro e, qualora la forma lo permettesse, essi si univano dando origine a una struttura complessa.

A Democrito succedette Epicuro, secondo il quale lo scopo dell’esistenza umana era l’ottenimento del piacere. Il piacere, che secondo lui derivava soprattutto dalla comprensione di come funziona il mondo, e quindi dalla conoscenza della filosofia e della scienza, conduceva a una vita di atarassia e aponia, cioè alla mancanza di turbamenti dell’anima e di dolori.

Degli scritti di Epicuro ne sono sopravvissuti pochi, ma il suo insegnamento ci è pervenuto comunque grazie ai sei libri che costituiscono il De Rerum Natura di Lucrezio.

Nel De Rerum Natura gli atomi venivano immaginati cadere nel vuoto lungo cammini paralleli. A questo moto se ne sovrapponeva un altro random: un atomo deviando dalla sua traiettoria finiva in quella di un altro atomo cosicchè la collisione, qualora la forma lo consentisse, generava una struttura più complessa (una struttura diatomica). Epicuro introdusse il termine clinamen per indicare la deviazione spontanea degli atomi nel corso della loro caduta nel vuoto in linea retta. Tale processo, ripetendosi tantissime volte, avrebbe generato il mondo che conosciamo. La creazione del mondo e la vita stessa avevano, dunque, origine dall’interazione atomica.

Da quanto detto appare chiaro che vi fosse la volontà di dare una spiegazione scientifica a ciò che esisteva. Tale volontà venne ben presto rimpiazzata dalle idee platoniche, le quali vedevano si l’atomismo ma congiuntamente alla presenza di un Creatore.

Platone riteneva che la bellezza del creato dovesse per forza presupporre una volontà o un’intelligenza superiore.

Bisognerà aspettare molto prima di ritrovare l’eredità scientifica greca. Ah, dove riusciamo a spingerci con il solo potere della nostra mente quando capiamo che tutto ciò che ci serve si trova dentro di noi.

Comunque, tralasciando i miei personali pensieri, a Platone seguì Aristotele, il quale negò non solo l’esistenza del vuoto ma anche l’eternità degli atomi. Ciò che secondo lui era eterno era il movimento, il quale veniva causato da una divinità creatrice di tutte le cose.

Fu così che l’atomismo venne bannato e il pensiero aristotelico rimase quello dominante fino al sedicesimo secolo d.C..

A questo punto la storia indiana seguì un percorso un pò differente in quanto si svilupparono correnti atomistiche sempre più sofisticate, alcune delle quali ricordano il modello statistico di Boltzmann e il concetto delle forze di Van der Waal (forze che portano gli atomi ad aggregarsi naturalmente). Anche qui vi era la presenza di un Dio (venne infatti introdotto un quinto elemento) ma si trovò il giusto compromesso tra meccanicismo della materia e spiritualità. Lo stesso avvenne nel mondo islamico, dove si suppose addirittura che esistessero particelle più piccole dello stesso atomo (cosa che fu dimostrata verso la fine dell’Ottocento con la scoperta dell’elettrone).


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